Da Libertà del 28 aprile 2000
Anime sfuggenti che sfumano i volti, li squagliano. Anime agitate, vibranti fino all’estremo, fino a dilaniare i propri corpi a scompigliare i contorni.
E’ questo mutamento che sembra voler catturare Roberto Goldoni, giovane pittore piacentino, proveniente da esperienze dell’informale ora approdato ad una personalissima reinterpretazione del figurativo, dove i “ritratti” si inoltrano bel al di là del visibile.
Goldoni, che avevamo già incontrato l’estate scorsa in una personale nella sala mostre della Cittadella Viscontea di Palazzo Farnese, espone in questi giorni alla Galleria Ferrari di Rivergaro (fino al 6 maggio). Lo incontriamo in una tappa già più evoluta e perfezionata del suo fare pittura di emozione e introspezione giocata in stretta simbiosi con la tecnica fotografica (con tutte le variabili delle soluzioni di stampa). I suoi soggetti preferiti rimangono ancora gli amici – <<Cerco di esprimere quello che percepisco nelle persone>>- “narrati” con l’impatto del “qui – adesso”, “catturati” in una posa eloquente, in un movimento, in un gesto, in un particolare che si apre ad altre immagini (tanto che, per intenderci, sul capezzolo di un seno femminile si può immaginare un paesaggio).
La tecnica è ancora quella dell’olio su tela per i personaggi, mentre per lo sfondo (precedentemente fatto di gialli sparati, rossi, arancioni, blu, verdi choc) la tela non viene più elaborata è lasciata grezza, intonsa, per far emergere maggiormente i personaggi, la loro essenza.
Roberto Goldoni ricorre allo smalto, plastifica la materia per far colare i contorni dei corpi, dei volti, <<In questo modo voglio isolare le figure, farle emergere dal vuoto>>.